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ToggleGli impianti iuxtaossei sono dei particolari impianti noti con nomi diversi, come impianti sottoperiostei o impianti a telaio.
La loro principale differenza rispetto agli impianti osteointegrati più conosciuti oggi è che anziché essere inseriti direttamente nell’osso mascellare o mandibolare, questi vengono posizionati sotto il periostio, il tessuto connettivo che riveste l’osso e da cui l’impianto prende il nome.
Come si inserisce un impianto iuxtaosseo?
Per procedere con l’inserimento di impianti iuxtaossei, molto utilizzati nel passato quando non si disponeva ancora di strumenti diagnostici avanzati, è necessario aprire la gengiva e scollare a sufficienza, arrivando fin sotto il periostio, per poter prendere l’impronta dell’osso con una sorta di telaio che lo avvolge.

A questo punto, in giornata, un odontotecnico deve occuparsi di:
- preparare una ceratura per il telaio
- fondere il telaio
- sterilizzarlo
- consegnarlo al medico odontoiatra per l’applicazione
Basta poco per immaginare quanto tempo richiedano i passaggi appena descritti, soprattutto se confrontati con i moderni impianti che, a seconda della dimestichezza del dentista, possono essere inseriti nell’osso in soli 5-15 minuti con un sistema a vite.
Questa è di certo una differenza rispetto alle tecnologie sviluppatesi negli ultimi anni, ma al di là delle tempistiche, ci sono altri aspetti da considerare.
Quali sono le principali differenze rispetto tra l’implantologia iuxtaossea e gli impianti osteointegrati moderni?
Il confronto tra gli impianti iuxtaossei e gli impianti osteointegrati moderni evidenzia differenze notevoli non solo nella tecnica chirurgica, ma anche nei materiali, nella stabilità e nel tasso di successo a lungo termine.
Oggi, prima di sottoporre un paziente a una riabilitazione implantare completa, abbiamo a disposizione una lunga serie di opzioni che preparano al meglio sia il dentista che il paziente. Il supporto degli strumenti diagnostici a disposizione è di enorme aiuto per evitare sorprese durante l’intervento, per creare diagnosi precise e per aumentare le percentuali di successo dell’intervento stesso, nonché la durata dell’impianto.
È sufficiente impiantare delle viti in punti strategici della bocca per poter inserire su di esse il numero di protesi necessario e sostituire i denti mancanti.
I materiali usati sono altamente biocompatibili e nel tempo si integrano con l’osso stesso, rendendo sia l’intervento che gli impianti molto meno invasivi rispetto al risultato a cui si poteva ambire decadi fa.
Mentre oggi gli impianti sono avvitati a pressione all’interno dell’osso, garantendone la stabilità, gli impianti sottoperiostei sono semplicemente appoggiati sull’osso e hanno dei pilastri per le protesi.
Altro punto da non sottovalutare se si stanno valutando impianti iuxtaossei (sottoperistei) è l’imprecisione nella presa delle impronte, soprattutto rispetto ai risultati dai dettagli micro millimetrici che si possono ormai raggiungere grazie al supporto delle più avanzate macchine e attrezzature.
Per di più, in base alla conformazione dell’osso, a volte era addirittura necessario preparare gli impianti come due parti separate, che venivano successivamente unite in bocca con saldatrici elettriche, aggiungendo anche il problema della gestione della temperatura e aumentando di molto i rischi per l’osso.
Oggi ha ancora senso farli?
L’uso degli impianti iuxtaossei era molto frequente fino agli anni ‘50 in caso di osso insufficiente per l’inserimento di impianti osteointegrati o per fornire una soluzione protesica a pazienti con riassorbimento osseo o non candidabili ad altri tipi di impianti.
Va precisato che oggi sono quasi abbandonati a livello mondiale perché le percentuali di successo e durata nel tempo sono di gran lunga più basse rispetto alle alternative attualmente presenti sul mercato, e personalmente ritengo che anche se la percentuale di successo fosse equiparabile a quella dei moderni impianti osteointegrati, non trovo motivi validi per sottoporre un paziente a un intervento così invasivo quando ha la possibilità di farne a meno.
All’epoca erano considerati degli impianti molto all’avanguardia, ma negli ultimi 70 anni, come puoi immaginare, la tecnologia è cambiata molto e ha fatto passi da gigante.
Possiamo dire che oggi gli impianti iuxtaossei sono stati quasi del tutto superati, ma restano un riferimento storico per comprendere come si affrontavano i casi di grave atrofia ossea in epoche in cui le tecnologie moderne non esistevano.
Qual è il miglior tipo di impianto per una riabilitazione dentale?
A questa frequente domanda non esiste una risposta univoca.
Dipende anche dal tipo di osso del paziente. A volte per la stessa persona può essere indicato un tipo di impianto per un’arcata e uno diverso per l’altra perché l’osso può avere caratteristiche diverse.
Alcuni impianti si prestano per esempio ad un osso molle, altri ad un osso duro.
È per questo che il miglior modo per identificare l’impianto più idoneo alle tue esigenze e necessità è una valutazione approfondita e personalizzata da esperti qualificati, in studi che hanno a disposizione un’equipe medica altamente preparata su diverse tipologie di intervento.
Un ampio ventaglio di opzioni e competenze elevate sono fondamentali per evitare consulti incompleti o di parte e per darti la tranquillità che le indicazioni finali siano guidate esclusivamente da ciò che è meglio per il paziente, senza limiti o vincoli dovuti a un ristretto tipo di intervento su cui l’equipe medica è preparata.
Se vuoi tornare a sorridere come un tempo e stai valutando una riabilitazione implantare, QUI puoi prenotare per ottenere una visita diagnostica approfondita sul tuo caso.





